SALUTE

E’ una vera rivoluzione copernicana nella visione odontoiatrica.

Mi interesso da sempre di terapie naturali, approfondendone l’applicazione al campo odontoiatrico. Da questo punto di vista, la terapia tradizionale della carie ha due difetti:

  • comporta il sacrificio di tessuto dentale;
  • per ristabilire l’integrità anatomo-funzionale del dente

è necessario ricorrere a materiali estranei, che, da un lato, sono sottoposti ad usura, e devono quindi essere sostituiti, e, dall’altro, presentano una tossicità più o meno elevata, attuale o potenziale, in base allo stato di salute dell’organismo.

L’ozonoterapia mi è apparsa immediatamente come la soluzione a questi problemi. I primi tentativi di utilizzo dell’ozono in odontoiatria risalgono ad una settantina d’anni fa in Francia, ma solo nella metà
degli anni ’80, il professor Edward Lynch, del Royal London Hospital Medical College, riuscì a dimostrare la rimineralizzazione di lesioni cariose radicolari dopo un’unica esposizione ad elevate concentrazioni di ozono. Lo sviluppo di queste ricerche ha permesso di studiare ed elaborare un’apparecchiatura capace di erogare ozono direttamente sulla lesione, alla concentrazione richiesta e in condizioni di sicurezza
assoluta per il paziente.

La carie è un processo patologico multifattoriale, il cui sviluppo richiede la presenza di carboidrati fermentabili, di batteri, di superfici di attacco, di proteine e di substrati per il nutrimento dei microbi. Tutti questi formano le condizioni ambientali di nicchia acida, ANE (acid niche environment). L’ozono è in grado di alterare l’ecologia di questo sito, grazie alla sua capacità:

  • di annientare in pochi secondi funghi, batteri e virus;
  • di eliminare le proteine acide;
  • di ristrutturare smalto e dentina.

Fino agli anni ’90, si riteneva che il processo carioso iniziasse dallo smalto, quindi dalla superficie del dente, e comportasse demineralizzazione e formazione di una cavità. Lo si considerava quindi facilmente diagnosticabile visivamente, con l’ausilio di sonda e radiografie.

Ma studi recenti, eseguiti sezionando centinaia di migliaia di denti estratti, hanno fatto sì che si affermasse un nuovo modello: la carie, nella grande maggioranza dei casi inizia
direttamente nella dentina, quindi dall’interno del dente, mentre lo smalto è apparentemente integro. Si suppone che dei batteri riescano a penetrare nel dente attraverso fratture e microporosità dello smalto. Tutto ciò rende molto difficile la diagnosi con i metodi tradizionali.

Nel 2001, Kidd e Banerjee hanno dato questa definizione: la carie dentale del XXI secolo è un processo metabolico reversibile, orientato verso la demineralizzazione di smalto e dentina. Quindi, trattandosi di una lesione reversibile, fondamentale è la diagnosi il più precoce possibile, in modo che la terapia non debba comportare alterazioni strutturali del dente.

A tale fine, occhio nudo e specillo non sono sufficienti, per cui, dopo ispezione e detersione, si procede alla misurazione della fluorescenza con il KaVo Diagnodent, che emette un raggio laser fluorescente e ne capta la riflessione da parte del dente: il tessuto sano e quello malato si comportano in maniera differente e la lettura dell’apparecchio permette anche un giudizio di gravità, indicato su una scala graduata. Sulla prestigiosa rivista Caries Research, Lussi si è così espresso a questo proposito: “Il Diagnodent è lo strumento più affidabile per la diagnosi delle carie dentinali”.

Laddove si riscontrano valori patologici (>12, ma <25), si procede alla terapia.

Per risolvere i problemi legati alla tossicità, è stato messo a punto un apparecchio (KaVo Healozone) che eroga ozono (2100 ppm/300 cicli al secondo) solo se si mantiene una sigillatura intorno al dente per mezzo di una coppetta in silicone. Alla fine del trattamento, che dura da 10″ a 60″, tutto l’ozono viene aspirato e ritrasformato in ossigeno. Si applica sul dente un liquido riducente, dal forte potere rimineralizzante, e si congeda il paziente. Il tutto senza dolore, senza anestesia e senza trapano. Dopo 6-9 settimane i pazienti vengono richiamati e sottoposti ad una nuova lettura con il Diagnodent: in più del 90% dei casi le lesioni risultano regredite. Agli altri, viene ripetuto il trattamento e vengono sottoposti ad un’ulteriore verifica dopo altre 6-9 settimane. Sia negli adulti, sia nei bambini, quando è possibile, si valuta il pH salivare e, in caso di acidosi, si prescrivono rimedi atti a ristabilire l’equilibrio, uniti a consigli dietetici. Bisogna però tenere presente che ogni paziente ha un suo vissuto individuale e anche una semplice carie può celare dei conflitti e dare una chiave per interpretarli.